Giustizia per le vittime di Cutro- non è stato il mare

Due anni fa, all’alba del 26 febbraio, il caicco Summer Love si spezzava a pochi metri dalla riva di Steccato di Cutro. 94 persone morirono, tra cui molti minori. Viaggiavano su quella barca per cercare un futuro migliore, ma trovarono solo indifferenza e scelte politiche securitarie che le hanno condannate a morte. Non fu una tragedia inevitabile, né una fatalità. Non è stato il mare. Quel naufragio fu il risultato di politiche che criminalizzano la migrazione, ostacolano i soccorsi e impediscono vie d’accesso sicure e legali. Fu il risultato di decisioni che, quella notte, ritardarono gli interventi e lasciarono in balia delle onde persone che potevano essere salvate. Il naufragio venne trattato come un’operazione di controllo delle frontiere, non come un soccorso in mare.
Oggi, due anni dopo, la Procura di Crotone ha chiuso le indagini e individuato sei indagati per naufragio colposo e omicidio colposo plurimo. Un passo avanti per accertare la verità.
Ma le responsabilità non si fermano ai singoli: le scelte politiche a monte continuano a produrre morte e sofferenza. Dal 2014 ad oggi, più di 30 mila persone hanno perso la vita nel Mediterraneo cercando di raggiungere l’Europa. Cutro è il simbolo di un sistema che considera le vite sacrificabili in nome del controllo dei confini. Finché l’Europa e l’Italia non cambieranno radicalmente approccio, continueremo a piangere vittime innocenti. Esistono soluzioni per evitare altre tragedie.
– Corridoi umanitari e vie di accesso sicure e legali, per garantire che chi fugge da guerre e persecuzioni o desidera nuove opportunità non debba affidarsi a trafficanti e rotte mortali.
– Ricongiungimenti familiari più rapidi e accessibili, per permettere alle persone di viaggiare in sicurezza verso i propri cari.
– Revisione del regime dei visti, per eliminare le barriere discriminatorie attualmente in vigore.
– Una missione europea di soccorso in mare, per garantire un intervento tempestivo e salvare vite umane, ponendo fine alla criminalizzazione delle attività SAR delle flotte civili.
– La fine degli accordi con i Paesi terzi che portano a gravi abusi e violazioni dei diritti umani, in particolare in Libia, Tunisia e, non ultimo, in Albania.Non vogliamo più assistere a naufragi annunciati. Ricordare Cutro significa pretendere giustizia, verità e un cambiamento di sistema. Chiediamo la fine di politiche disumane e l’adozione di soluzioni che mettano al centro la dignità e la protezione delle persone in movimento.

refugees welcome

Rispondi