E’ da tempo che ci sto riflettendo perché, incontrando le persone nelle nostre carceri, emerge anche nel mio cuore una sofferenza che anela a trovare adeguate e urgenti risposte.
Antigone
Oggi il dossier “Antigone“, il report sulla situazione delle carceri datato 30 giugno 2024, mi ha sbattuto in faccia quella realtà in parte già conosciuta, dando numeri concreti, a partire da quelli che ci dicono che negli istituti penitenziari italiani vivono 61.500 detenuti di cui il 4,4% donne e il 31,3% stranieri.
Il dato che colpisce è che, rispetto ai posti per cui le carceri italiane potrebbero dare ospitalità (!), ci sono 14.000 persone in più del previsto per un tasso di affollamento che raggiunge in media il 130,6% (e se in alcune carceri supera il 150%, in altre è letteralmente follia: San Vittore 227%, Brescia 207%, Foggia 199%, Taranto 194% e via a scendere.
Non troppo velocemente, purtroppo. Tanto che 10.000 sono i ricorsi del solo 2023 per condizioni di vita inumane e degradanti (più della metà sono stati accolti e – ricordiamoci – che sulle nostre spalle pesa la sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo che nel 2013 ha condannato l’Italia per la violazione dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti umani).
Quanto sta succedendo nelle carceri in questi giorni (in questi tempi), a cui si aggiunge l’alto indice di suicidi e la fatica immane del personale che – ha affermato il vescovo Enrico Trevisi, “non possiamo abbandonare nella gestione di tensioni esplosive e ingestibili”, è purtroppo la cartina al tornasole di una situazione che non va sottovalutata, come se quanto si vive tra quelle mura non ci riguardi. O peggio… autorizzandoci a girarci dall’altra parte, tanto “se lo meritano”…
L’umanizzazione delle carceri va affrontata ora. Con responsabilità e senza l’ossequioso rispetto dei tempi di una burocrazia che non può far altro che mietere ancora vittime innocenti.
Fonte: Paolo Iannaccone